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Provvigione non sempre dovuta all'agenzia immobiliare Niente compenso anche se il potenziale compratore ha sottoscritto la proposta irrevocabile d’acquisto.

E ciò perché è soltanto un accordo preparatorio. Si tratta di un preliminare di preliminare, insomma. Ricognizione sull'orientamento della Suprema corte

30/07/2019

Il caso. Deve rassegnarsi, il mediatore: non ha diritto a essere pagato dopo aver ricevuto dalla coppia di proprietari l'incarico di vendere l'appartamento. Le parti, infatti, non sottoscrivono poi un vero preliminare di vendita: dopo la proposta irrevocabile d'acquisto firmata dal professore interessato all'immobile, inizia con la coppia un lungo carteggio da cui si evince che le parti non hanno raggiunto l'accordo. E comunque fissano una data per la stipula del preliminare mai avvenuta. Il tutto mentre l'atto di conferimento dell'incarico contiene una clausola che collega in modo esplicito il diritto alla provvigione alla sottoscrizione del preliminare.

Il titolare dell'agenzia non riesce a dimostrare che i giudici del merito avrebbero violato le regole di interpretazione dei contratti. Nel restituire la proposta accettata, i promittenti venditori si dicono fiduciosi nella «possibilità di addivenire insieme a un accordo tra loro leggermente più gradito». E il diritto al compenso per il mediatore deriva dalla conclusione dell'affare: non basta l'accordo preparatorio, che serve solo a regolamentare il successivo del procedimento in cui si formerà il programmato contratto definitivo. L'affare risulta concluso quando fra le parti costituiscono fra loro un vincolo che legittima ciascuna ad agire per l'esecuzione specifica del negozio ex articolo 2932 cc o per il risarcimento del danno che deriva dal mancato conseguimento del risultato utile previsto. Il preliminare del preliminare, invece, ha effetti soltanto obbligatori e legittima unicamente a invocare la responsabilità contrattuale della parte inadempiente.

I precedenti. La provvigione all'agenzia è pure esclusa quando l'immobiliare non avvisa il promissario acquirente che c'è un'ipoteca sull'appartamento oggetto della trattativa. E ciò perché, spiega l'ordinanza 27482/19, pubblicata sempre dalla seconda sezione civile della Cassazione, costituisce un obbligo giuridico del mediatore informare le parti su tutte le circostanze che incidono sulla sicurezza dell'affare, che siano a sua conoscenza o conoscibili utilizzando la diligenza normalmente esigibile da un professionista del settore. Il tutto sia nell'ipotesi tipica in cui il mediatore agisce in modo autonomo sia in quella atipica in cui si è attivato su un incarico di una delle parti.

 

Accolto il ricorso del cliente, che rifiuta di stipulare il preliminare perché scopre l'iscrizione pregiudizievole che grava sull'immobile dopo aver firmato la proposta di acquisto. Sbaglia la Corte d'appello a rigettare l'opposizione proposta contro l'ingiunzione ottenuta dall'agenzia, che reclama una provvigione per circa 5 mila euro. Il punto è che a carico dell'immobiliare si configura una specifica e qualificata responsabilità ex articolo 1759, primo comma, cc: l'esistenza della formalità sui locali costituisce un'informazione conoscibile da parte del mediatore consultando i registri immobiliari. E la condotta è esigibile perché all'agenzia si richiede non la diligenza del buon padre di famiglia ma una condotta adeguata alla professionalità che è lecita attendersi da chi fa mediazione. Il quale deve comportarsi secondo correttezza e buona fede al di là degli obblighi contrattuali specifici.

L'obbligo d'informazione alle parti costituito a carico dell'immobiliare dall'articolo 1759, primo comma, cc serve proprio a evitare il conflitto d'interesse, vale a dire che il mediatore possa propiziare l'affare soltanto per lucrare la provvigione, mentre la compravendita si rivela di nessuna convenienza o ad alto rischio per l'acquirente o promissario tale: per esempio perché l'immobile può essere pignorato dal terzo creditore che ha provveduto a iscrivere l'ipoteca sul cespite. L'immobiliare deve inoltre segnalare se il bene appartiene a un insolvente e se su di esso esistono prelazioni e opzioni.

Attenzione, però: all'immobiliare la provvigione è dovuta quando un collaboratore dell'agenzia accompagna il futuro acquirente a visitare l'appartamento del venditore. Il diritto al compenso, osserva la sentenza 21712/19, pubblicata dalla seconda sezione civile della Cassazione, sorge se il mediatore mette in contatto le parti anche se non interviene nelle trattative, laddove senza la sua opera il negozio non sarebbe stato concluso. L'emolumento, poi, è determinato in proporzione al prezzo dichiarato nel rogito quando l'importo corrisponde al vero valore dell'affare.

Diventa definitiva la condanna del compratore a pagare all'agenzia oltre 3.600 euro, circa il 2% dei circa 180 mila euro dichiarati nell'atto pubblico di vendita. L'acquirente non riesce a dimostrare che l'affare si è concluso soltanto perché egli stesso avrebbe visto il cartello «vendesi» e si sarebbe rivolto direttamente al privato. Al di là dell'interrogatorio formale del titolare dell'agenzia, dall'istruttoria emerge che uno dei comproprietari consegna la planimetria dell'appartamento a un collaboratore della società, mentre è un altro addetto ad accompagnare l'acquirente a vedere i locali. Anche chi li riceve, dunque, è consapevole dell'attività di mediazione: d'altronde l'agenzia espone in bacheca l'offerta con i dati salienti dell'immobile e i contatti per i sopralluoghi.

Nessun dubbio che la prestazione dell'agenzia si possa esaurire nel trovare l'acquirente dell'immobile: conta il principio della causalità adeguata ai fini della provvigione nel senso che l'attività svolta deve costituire il risultato utile di una ricerca effettuata dal mediatore e poi valorizzata dalle parti; anche se il rapporto nasce per iniziativa di una sola di loro, l'altra resta vincolata se fa acquiescenza: conta l'accettazione tacita dell'attività di mediazione i cui risultati sono utilizzati per la stipula del contratto. La provvigione a carico dell'acquirente è calcolata sul prezzo totale benché la controparte sia proprietaria solo di una quota dell'immobile: rileva l'acquisto per l'intero.

Di più. Il preliminare basta a far scattare la provvigione al mediatore anche se si scopre che l'immobile non è abitabile e il contratto definitivo salta. Non si configura, stabilisce infatti la sentenza 4415/17 pubblicata dalla seconda sezione civile della Cassazione, una violazione del dovere d'informazione, a meno che l'agenzia non abbia taciuto informazioni in suo possesso oppure sia venuta meno all'incarico conferito ad hoc per verificare la regolarità urbanistica dei locali.

Niente da fare per il promissario acquirente: deve pagare anche l'altra metà della provvigione benché il versamento sia stato pattuito alla stipula del definitivo che non è mai avvenuta. Il diritto al compenso per il mediatore si configura in quanto l'opera prestata ha portato le parti a sottoscrivere il preliminare: tanto basta a ritenere concluso l'affare, al di là della successiva risoluzione consensuale del contratto. E la violazione del criterio della diligenza professionale ex articolo 1759 cc scatta se per esempio l'agenzia immobiliare tace l'esistenza di opzioni, prelazioni o ipoteche sul cespite. Ma non si configura quando viene sottoscritto il preliminare di vendita per l'immobile privo di concessione edificatoria e non regolarizzabile sul piano urbanistico: è infatti escluso che la responsabilità dell'agenzia possa estendersi a indagini di carattere tecnico «che esulano obiettivamente dal novero delle cognizioni specialistiche esigibili in relazione alla categoria professionale di appartenenza». D'altronde risulta comunque valido il preliminare che ha per oggetto l'immobile senza concessione edilizia: è per questo che l'affare può ritenersi concluso. Insomma, lo stop alla provvigione scatta solo se il mediatore fornisce informazioni inveritiere oppure non assolve l'incarico di verificare che il cespite è in regola perché omette di procedere o provvede in modo erroneo.

L'acquirente dell'immobile, infine, paga la provvigione che si è impegnato a versare anche se il mediatore che ha fatto incontrare le parti è stato incaricato dal venditore, il quale gli aveva affidato il compito di trovare un compratore per il cespite di pregio. E ciò perché - conclude la sentenza 24950/16 della seconda sezione civile della Cassazione - accanto all'ipotesi ordinaria ben si può configurare una fattispecie atipica fondata su un contratto a prestazioni corrispettive con una sola delle parti interessate: ciò che conta, più che l'imparzialità dell'operare del mediatore, è che sia riconoscibile all'esterno la posizione terza che egli assume nel successivo rapporto con entrambe le parti. E per la terzietà è sufficiente l'assenza di un rapporto di collaborazione, dipendenza o rappresentanza con una di esse.

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