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Condono edilizio: ecco i tre livelli di irregolarità che si potranno sanare

Dai semplici problemi di natura formale alle difformità più pesanti l’ipotesi allo studio è rendere sanabili migliaia di piccoli interventi

03/05/2024

Difformità di natura formale, come il disallineamento tra il progetto e quanto materialmente realizzato in cantiere. Difformità interne, come le modifiche stratificate nei decenni, ad esempio con gli spostamenti di tramezzi e le aperture di porte. E difformità più pesanti, non sanabili per effetto del regime della doppia conformità, che richiede il rispetto di un incrocio di verifiche difficile da superare per moltissimi interventi.

Il salva-case, l’ipotesi di sanatoria allo studio del ministero delle Infrastrutture guidato da Matteo Salvini, si muove su questi tre livelli crescenti di irregolarità: potrebbe confluire nelle prossime settimane in un decreto legge, anche se i tempi di presentazione del testo sono ancora incerti. In attesa di una riforma più strutturata del Testo unico edilizia. Salvini, sul punto, assicura che il testo andrà in Cdm: «Ho sentito in radio che l’amico Tajani ha detto di non aver ancora letto la proposta, la porteremo al consiglio dei Ministri e vedrete che non andrà a sanare gli abusi edilizi ma ad alleggerire i Comuni e fare felici i cittadini che ci ringrazieranno».

L’obiettivo, infatti, è consentire la legittimazione di lavori ormai consolidati negli anni, ma che oggi hanno l’effetto di bloccare la circolazione e la ristrutturazione degli immobili, ingolfando allo stesso tempo i cassetti degli uffici comunali. Non si parla - va precisato - di immobili radicalmente abusivi, ma di singoli elementi come muri, soppalchi, finestre, nicchie, cornicioni, porte, balconi e tutti quei piccoli interventi che, come spiega Fabrizio Pistolesi, architetto e relatore della proposta di revisione del Testo unico per l’edilizia in discussione presso il Consiglio superiore di lavori pubblici (l’organo tecnico consultivo del Mit), «possono spesso rappresentare delle difformità dall’assentito, cioè dai titoli che hanno legittimato i lavori».

Il primo caso è quello più semplice e riguarda i problemi di natura formale. «Tipicamente riguarda errori di rappresentazione nel progetto che sono stati corretti al momento dell’esecuzione in cantiere - spiega Pistolesi - e che quindi creano un disallineamento tra il progetto assentito, le mappe catastali e la realtà degli immobili». Per i lavori realizzati prima del 1977 (anno della legge Bucalossi) non esisteva la possibilità di effettuare varianti in corso d’opera, quindi queste modifiche, anche se rientravano in varianti definite “leggere” o non essenziali, non venivano corrette e oggi creano le difformità. Un esempio: una finestra che era sul progetto e poi non è stata realizzata o un cornicione che era di 30 centimetri ma che nella realtà è di mezzo metro.

Il secondo caso riguarda le difformità interne non semplicemente formali. I casi pratici possono essere diversi. Spiega ancora Pistolesi: «Prima del 1977 quando si faceva il progetto di un edificio non si presentavano le planimetrie di tutto, ma bastava un “piano tipo”. In fase di realizzazione degli immobili, poi, alcuni elementi venivano modificati. Si faceva un bagno in più, si spostava un tramezzo, si divideva una stanza. Queste modifiche oggi sono altrettante difformità». A questo si aggiunge il caso, anche questo frequente, delle modifiche interne intervenute nei decenni (e magari non sempre dichiarate), con l’effetto di stratificare elementi su elementi che oggi è difficile giustificare. Anche questi interventi diventeranno sanabili.

 

C’è, poi, il terzo livello: quello delle difformità che potevano essere sanate al momento della realizzazione dell’intervento ma che adesso non sono più regolarizzabili per effetto del meccanismo della doppia conformità. In base al Testo unico edilizia, oggi possono essere sanati solo gli elementi conformi alle regole del momento di realizzazione degli elementi e del momento di richiesta della sanatoria.

È un doppio paletto che il decreto Salvini intende eliminare. Facendo comunque salva la regolarità urbanistica: non si potranno cioè sanare immobili costruiti dove è vietato costruire. «Ad esempio, oggi le norme consentono di fare un vano tecnico per gli impianti in un cortile, con certe caratteristiche. Se però quell’elemento è stato realizzato anni fa in assenza di titolo, si tratta di un abuso sul quale queste norme potrebbero intervenire», dice ancora Pistolesi.

Oltre al taglio della doppia conformità, l’altro elemento chiave è rappresentato dalle tolleranze costruttive, cioè quel margine di errore rispetto a quanto dichiarato che le norme rendono legittimo. Oggi è pari al 2%, ma potrebbe essere incrementato, anche se in modo differenziato a seconda degli immobili.

Insieme a questo l’idea è di chiarire che alcuni lavori particolari possono essere regolarizzati proprio per effetto del sistema delle tolleranze. «Ad esempio, si potrebbe chiarire che la collocazione delle finestre può essere resa legittima anche in base alle tolleranze», spiega Pistolesi. Inoltre, le tolleranze potrebbero essere rafforzate per quei lavori che l’amministrazione comunale ha esaminato quando ha rilasciato l’agibilità, in qualche modo legittimandoli nonostante la loro parziale difformità.

Infine, il salva-casa prevede un meccanismo che oggi i Comuni non hanno a disposizione. Gli sportelli unici, infatti, potranno subordinare il rilascio della sanatoria a lavori necessari ad assicurare la conformità dell’immobile alle norme in vigore. Potrebbero, ad esempio, chiedere la demolizione di una porzione di immobile, per regolarizzarlo. Sempre che il decreto vada effettivamente in porto.

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